Transformers Diaclone Powered Convoy (recensione)
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Transformers Diaclone Powered Convoy (recensione)
Powered Convoy
Powered Convoy venne importato in Italia dalla GIG nei primi anni 80 e le varianti italiche erano due: quello con motrice blu e quello con motrice rossa, nessuna differenza cromatica, invece, per i colori del rimorchio bisarca.
Come esclusiva Giapponese, ne uscì un terzo modello che, invece, variava proprio nello schema cromatico di alcune porzioni del rimorchio che da grigie divennero cromate e per uno stampo differente della testa del robot grande. Una quarta versione, sempre esclusiva giapponese (almeno a giudicare dai dati della letteratura storica trovati in rete), era un giftset costituito oltre che dal Powered Convoy (differente nella colorazione dei montanti anteriori e posteriori della bisarca) anche da due colorazioni esclusive dei Diaclone n° 15 e 16 (i nonni di Red Alert e Mirage, il primo nella bellissima variante successivamente denominata “Deep Cover”, nera, e il secondo nella rarissima colorazione Ligier ROSSA!).
Delle varianti Jappo conosco ben poco, non so nemmeno se si tratti di pura mitologia Diaclonica oppure se esistano davvero quelle versioni, e soprattutto non oso immaginare il loro valore collezionistico.
Dunque vi parlerò della variante GIG con motrice blu, quella in mio possesso.
La confezione è ricca, anzi di più, straripante di accessori “preziosi”, in particolare si deve annoverare la presenza di un secondo diaclone venduto in bundle col Powered Convoy: la Super Buggy, che a suo modo può essere considerata la mamma del mitico Roller dell’Optimus Prime G1. In pratica si tratta di una piccola dune buggy rossa, completamente in plastica e completamente…TRASFORMABILE in robot! La linea della vettura è piuttosto spigolosa e squadrata, manca completamente di un paraurti anteriore ma si apprezzano particolari quali il sedile per l’alloggiamento del dianauta e i tubi di scappamento sub-verticali presenti ai lati del motore posteriore della vettura. Proprio alle spalle del sedile del pilota si trova un foro dove è possibile agganciare il fucile del Powered Convoy. Buono il disguise, con la sola eccezione del viso del robot visibile dalla vista dal basso. Eh si, perché per trasformare questo gioellino, bisogna completamente e letteralmente smontare il veicolo in più porzioni (che diventeranno fondamentalmente busto e arti del robottino) e rimontarle nella “morfologia” corretta, ruotando nel contempo di 180° il motore posteriore per rivelare il viso. Il robot in sé è carino e molto antropomorfo, dotato di una discreta posabilità alle braccia che si alzano e si abbassano e con la possibilità di ruotare la testa.
E’ rosso, quasi monocromatico se si esclude il nero delle ruote alle spalle e alle ginocchia e alcuni dettagli del viso (mascherina e occhi), caratterizzato da un buon numero di dettagli nella parte frontale e da un vuoto strutturale nella schiena, dovuto al fatto che le braccia si estraggono proprio dalla schiena (che corrisponde alla parte inferiore della vettura).
I generosi fori nei pugni del robot gli consentono di impugnare il blaster di Convoy.
Infine aggiungo che la Super Buggy è confezionata in una scatolina apposita, con tanto di immagini e schema della trasformazione nella parte posteriore, sistemata all’interno della confezione principale, al centro del rimorchio del camion bisarca.
Passiamo ora al gigante vero e proprio, quel clamoroso Powered Convoy, bello come il sole in tutte le sue modalità. Il camion bisarca è stupendo, grosso, anche dinamico nella sua mole. Dinamico perché il rimorchio si aggancia alla motrice tramite un perno cilindrico che consente l’articolazione indipendente delle due porzioni: inoltre le rampe posteriori e gli assi superiori della bisarca si abbassano, cosicchè l’accesso delle auto è facilitato sia nella parte bassa che in quella alta del veicolo. La cabina della motrice si ribalta per poterci posizionare il pilota dianauta (di colore giallo) e il camion dispone anche di una ipotetica “modalità d’assalto” che si ottiene semplicemente fissando i due lanciamissili in posizione frontale, subito sopra la cabina della motrice e incastrando la piastra pettorale del robot tra i montanti anteriori del rimorchio. Alla piastra pettorale si fissa la tiara della testa di Powered Convoy, cosicchè le due lunghe antenne della testa simulino un doppio cannone.
Lo schema cromatico è spettacolare, talmente adulto e così tipicamente Diaclone da far impallidire, senza eccessivi sforzi, quello (seppur storico) dell’erede Ultra Magnus. Un sapiente dosaggio di blu scuro, nero, grigio e rosso, con particolari cromati tutti concentrati sulla motrice, quali le canne fumarie, la griglia del radiatore e i serbatoi. E poi il disguise è talmente perfetto per l’epoca da fare sembrare la modalità alternativa un modellino in scala.
La motrice è Optimus Prime, c’è poco da fare, credo che chiunque conosca a menadito quei tre passaggi fondamentali che consentono la sua trasformazione nel meraviglioso leader storico degli Autobot: e pure in questo caso la differenza la fanno i colori.
In robot mode ancora oggi è impossibile trovare un Prime più bello di questo blu, forse soltanto la versione Jafcon nera (ristampa esclusiva Jappo del 2000) gli si avvicina in quanto a estetica… L’accostamento cromatico del blu del corpo e delle braccia, del nero di gambe, testa e pugni, le cromature sulle cosce e sulla griglia e gli occhi gialli, risulta una combinazione letale e mozzafiato per uno dei transformers meglio riusciti di tutti i tempi.
Ma è soltanto trasformando il rimorchio (gli assi superiori della bisarca si separano e si accorciano diventando le braccia e i montanti posteriori ruotano di 90° a formare le gambe) e fissando la motrice semi-trasformata in robot alla schiena, che si ottiene il vero capolavoro!
Chiunque apprezzi Ultra Magnus G1 non potrà non versare più di una lacrima nel vedere dal vivo questa opera d’arte, nel contemplarne il valore storico e immaginifico, nel constatare la possanza del robot, nel perdersi nel suo schema cromatico maturo e talmente lontano da quello di UM stesso da farli sembrare a tutti gli effetti due personaggi completamente diversi.
Tutta la magia del vintage è racchiusa in questi 25 centimetri di prestanza robotica e di “presenza scenica”: a nulla vale citare difetti quali la scarsa posabilità del robot oppure il fatto che torace-bacino-gambe siano un pezzo unico. Questo pezzo è storia, punto.
I difetti possono definirsi tali solo se il paragone viene erroneamente fatto con modelli attuali, super-articolati e ultra dettagliati, ma svaniscono in una nuvola di fumo nell’ottica di robot trasformabile del 1982, peraltro dotato di una miriade di accessori, di tre modalità ufficiali (più tutta una serie di trasformazioni intermedie del rimorchio, alcune ufficialmente ritratte anche sulla foto della confezione), un carisma incommensurabile e soprattutto un valore collezionistico davvero degno di nota!
Già perché non è facile trovarne uno COMPLETO (Super Buggy e dianauta in primis, quindi occhio che siano presenti, considerato quanto costa il modello!), in scatola e in ottime condizioni a prezzo umano, e seppure fosse (a meno di una botta di fortuna clamorosa) allo stato attuale preparatevi a sborsare diverse centinaia di euro per averlo.
I difetti tipici di questo vintage sono da ricercarsi quasi tutti nella motrice, che soffre spesso nelle giunture delle braccia e gambe del robot molli e nelle scoloriture e annerimenti delle parti cromate. Caratteristica anche la fragilità delle giunture delle braccia del Powered Convoy, che spesso tendono a scivolare giù dalle guide. Meno rara e decisamente più abbordabile la versione con motrice rossa, ma preparatevi alla rivelazione: la motrice NON porta alcun trademark della casa produttrice Takara (caratteristica mantenuta nella versione G1 di Optimus Prime e Ultra Magnus e in TUTTE le loro ristampe successive), quindi occhio anche che non vi rifilino una motrice rossa ristampata oppure, peggio, un KO recente.
Se vi accontentate di un pezzo non proprio perfetto, incompleto e magari con motrice rossa, potreste facilmente trovarlo al costo di poco più di un centinaio di euri.
Per i meno fanatici del vintage (ma comunque dotati di un portafoglio molto capiente!) segnalo una chicca: nel 2000 la Takara produsse per il solo mercato giapponese una eccezionale ristampa dell’Ultra Magnus G1 (numero identificativo: C 69, come l’originale) e di questa versione ne fece altre due varianti in tiratura limitata, una in plastica trasparente gialla e l’altra (disponibile al Tokyo Toy Festival del 2001 in tiratura di soli 1500 esemplari) proprio coi colori della versione Diaclone del Powered Convoy, chiamata “Ultra Magnus Movie Preview”.
Al momento questi due pezzi sono molto costosi (tra i 200 ed i 300 euro) e in ogni caso nella variante Movie Preview scordatevi di trovarci la Super Buggy e il pilota dianauta, esclusivo appannaggio del Diaclone.
Tra l’altro questa reissue, oltre a presentare tutte le decals del modello G1, presenta una leggera differenza cromatica nei montanti blu del rimorchio, decisamente più chiari rispetto al vintage.
Re: Transformers Diaclone Powered Convoy (recensione)
da piccolo , il suo arrivo tra i miei giocattoli fece scalpore , è massiccio , statuario ... come dici tu jet : è storia !
fioccodivento- Junior Toy
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